Quando il lettore inizia la sua immersione senza ritorno in «Quei vizi…», si rende conto, a conclusione dell'opera, che la comunità di Rennes rivela di essere un contesto più che adeguato per il genere Novella. Dai corridoi appiccicosi dell'ospedale Pontchaillou agli inseguimenti e ai pedinamenti intorno al parco Thabor, si potrebbe quasi dimenticare il tradizionale asfalto parigino del romanzo noir. Nonostante sia un romanzo breve, non ci si può che affezionare allo spessore dei principali protagonisti Corynthe, Louise, e persino ai furfanti come Baloo.
Ciò che traspare, tuttavia, quando si ha la possibilità di conoscere un po' l'autore, è che il famoso Desmund Sasse gli assomiglia sotto molti aspetti. C'è da scommettere che Danquigny, come il suo alter ego, abbia anche lui trascinato i suoi passi per le strade e sui tetti delle università della stessa città. Più seriamente, tra un certo thriller rurale, che è impotente nei confronti della critica sociale inerente al genere, e il più conosciuto thriller urbano, «Quei vizi…» scava la sua traccia nello spazio delle novelle urbane portandoci una boccata d'aria fresca.